La mafia è un organizzazione criminosa, unica ed unitaria che ha mantenuto le sue finalità delittuose, nonostante le numerose battaglie e i molteplici sacrifici compiuti da persone, sia essi uomini o donne, per sconfiggerle tale fenomeno, la lotta alla criminalità organizzata non si arresta, al contrario si inserisce all’interno del tessuto sociale, partendo dai settori pubblici controllando gli appalti economici fino ad arrivare ai sistemi finanziari. Il Stato italiano, attraverso la Commissione Parlamentare Antimafia, la Magistratura e le Forze dell’Ordine sono sempre impegnati su questo fronte, per fermare e interrompere i crimini compiuti dalle Criminalità Organizzate (Mafie).
Commissione Parlamentare Antimafia
La Commissione antimafia è una commissione parlamentare bicamerale e d’inchiesta. È una delle 14 commissioni attualmente formate da membri di entrambe le camere del Parlamento. Il nome ufficiale è “Commissione d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere” ed è stata istituita, per questa legislatura, con la legge n.87 del 19 luglio 2013. Il Parlamento italiano ha una commissione antimafia ininterrottamente dal 1982, oggi è formata da 25 deputati e 25 senatori. La Commissione antimafia è l’unica commissione parlamentare in attività che abbia una funzione d’inchiesta. Questo significa, come stabilisce l’articolo 82 della Costituzione, che può procedere “nelle indagini e negli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.” Questo le permette di sentire testimoni e di acquisire prove e documentazioni, anche se naturalmente non istruisce processi e non emette condanne. Fin dalla fine degli anni Ottanta, insieme all’attività conoscitiva e informativa, la Commissione antimafia ha presentato diverse proposte di legge che riguardano la mafia. Alcune di queste, come l’importante legge n. 55 del 1990 che avviò un nuovo periodo di iniziative legislative contro la mafia, sono state discusse e approvate dal Parlamento. Uno degli ultimi interventi importanti, alla fine del 2002, ha riguardato la definitiva stabilizzazione del discusso “regime del 41 bis”, il cosiddetto “carcere duro” riservato ai mafiosi (la sua introduzione era stata intesa inizialmente come temporanea ed eccezionale): negli anni successivi ha anche svolto diverse valutazioni sulle conseguenze della sua introduzione definitiva.
La storia della Commissione
Per molti anni le istituzioni italiane hanno ignorato, sottovalutato o negato apertamente l’esistenza di un fenomeno mafioso diverso dalla comune criminalità organizzata. La prima legge che introduce un reato specifico risale solo al 1982, quando venne introdotto nel codice penale (all’art. 416 bis) il reato di “associazione mafiosa”. La legge, cosiddetta Rognoni-La Torre dai nomi dei promotori, arrivò dopo l’uccisione del generale Dalla Chiesa, avvenuta il 3 settembre di quell’anno. L’idea di istituire una commissione parlamentare per occuparsi dei problemi di “ordine pubblico” in Sicilia, però, era molto più antica, e aveva già portato a corpose iniziative parlamentari. La prima proposta risale il 25 giugno 1949, da parte del Ministro dell’Interno Mario Scelba. Un’altra proposta, presentata nel 1958 ma discussa solo nel 1961, venne definita dal senatore della DC Mario Zotta “inutile, antigiuridica e inidonea”. Ma su pressione della stessa giunta regionale siciliana si arrivò all’istituzione di una commissione parlamentare che indagasse sulle cause economiche e sociali della mafia, in modo da cercare di intervenire con altri strumenti che non fossero quelli della sola repressione poliziesca. Questa venne approvata con una legge del dicembre del 1962 e rimase in carica per tredici anni, producendo relazioni che parlavano per la prima volta di collegamenti tra mafia e politica locale siciliana e, ai primi degli anni Settanta, di una diffusione dell’organizzazione anche fuori dalla Sicilia. Nel 1976 la prima Commissione d’inchiesta sulla mafia terminò i suoi lavori: pubblicò 42 volumi di atti ma, sotto la presidenza “morbida” del democristiano Luigi Carraro, concluse che il fenomeno mafioso era limitato e da non sopravvalutare. Anche se per il reato bisognerà aspettare il 1982, durante gli anni della prima Commissione (nel 1965) era stata approvata una prima legge che conteneva nello specifico – come diceva il titolo – “Disposizioni contro la mafia”. È una legge importante per la storia dell’antimafia italiana, ma che ebbe risultati molto limitati perché fondata su un generico “sospetto” di appartenenza alle associazioni mafiose e perché prevedeva misure facilmente aggirabili (alla fine degli anni Sessanta lo fece per esempio Totò Riina). Tra il 1982 e il 1987 fu attiva una seconda commissione antimafia, ma questa volta senza poteri d’inchiesta: doveva solo verificare l’attuazione della legge Rognoni-La Torre. Tornò ad avere poteri d’inchiesta con le legislature successive, a partire dal 1988. Dal 1996 a oggi la legge che la regola è rimasta la stessa.
Il sistema penale antimafia del nostro ordinamento si basa principalmente su 4 fattispecie:
Associazione a delinquere di stampo mafioso:
si riferisce a tutti i membri o le persone dell’organizzazione criminale, dalla manovalanza agli uomini d’onore, sino a alle figure verticistiche.
Scambio elettorale politico-mafioso:
colpisce i legami tra mafia e politica durante le competizioni elettorali, (la battaglia delle urne), uno dei momenti più delicati della vita democratica del Paese.
Riciclaggio:
colpisce i legami tra mafia ed economia, impedendo che profitti illeciti provenienti da reato possano essere immessi nell’economia legale, ridistribuendo le somme economiche nuovamente all’interno della società, attraverso costruzioni edili, sia essi centri commerciali che cooperative o centri di scommesse illegali.
Concorso esterno in associazione mafiosa:
colpisce i legami tra mafia e società, in particolare nel mondo delle professioni delle Istituzioni.
L’antimafia Istituzionale
Gli organi creati appositamente per la lotta alla criminalità organizzata sono essenzialmente due: la “Direzione Nazionale Antimafia” e la “Direzione Investigativa Antimafia”.
La Direzione Nazionale Antimafia
E’ stata istituita con la legge del 20 gennaio 1992 n.8, nell’ambito della Procura generale presso la Corte di Cassazione, ed ha il compito di coordinare le indagini relative alla criminalità organizzata. La D.N.A. è diretta dal Procuratore Nazionale Antimafia (P.N.A.), nominato direttamente dal Consiglio Superiore della Magistratura. Il Procuratore Nazionale Antimafia si avvale e utilizza, le indagini svolte dalla Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.) che dipende da Ministero dell’Interno. Infatti, il P.N.A. non ha né il potere di indagine né quello dell’esercizio dell’azione penale. Il Procuratore collabora con i magistrati addetti alle indagini antimafia, le Direzioni Distrettuali Antimafia (D.D.A.); risolve eventuali conflitti riguardanti lo svolgimento delle indagini; assume le indagini preliminari svolte dai procuratori distrettuali, se non sono state osservate le direttive impartite o non si è efficacemente realizzato il coordinamento. Il Procuratore Nazionale Antimafia risponde al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, che riferisce al Consiglio Superiore della Magistratura, sia per l’attività della D.N.A. sia per le attività delle D.D.A.
Funzioni del Procuratore Nazionale Antimafia
Le funzioni del P.N.A. sono (art. 371 bis c.p.p.) “funzioni di impulso” per:
rendere effettivo il coordinamento delle attività di indagine;
garantire la funzionalità dell’impiego della polizia giudiziaria nelle sue diverse articolazioni;
assicurare la completezza e tempestività delle investigazioni;
risolve eventuali conflitti riguardanti lo svolgimento delle indagini.
Poteri del Procuratore Nazionale Antimafia
Tra i poteri esercitati dal Procuratore:
potere di acquisire ed elaborare notizie, informazioni e dati attinenti alla criminalità organizzata;
potere di accedere ai registri delle notizie di reato e alle banche dati costituite presso le Procure distrettuali;
potere di applicazione temporanea di magistrati della stessa direzione nazionale o delle direzioni distrettuali per soddisfare specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali;
potere di avocazione delle indagini preliminari svolte dai procuratori distrettuali, allorché il coordinamento non risulti possibile per inerzia o violazione di doveri.
Direzione Investigativa Antimafia
È stata costituita con la legge del 30 dicembre 1991 n. 410 con il compito di coordinare lo svolgimento dell’attività investigativa specializzata sulla criminalità organizzata. È un organismo investigativo ed è composta da personale specializzato a provenienza interforze ed opera a livello nazionale. Svolge attività di investigazione preventiva attinente la criminalità organizzata, nonché di effettua indagini di polizia giudiziaria. Dipende dal Ministero dell’Interno, che ha il compito di riferire al Parlamento l’attività svolta ed i risultati conseguiti dalla D.I.A.. Al vertice della D.I.A. è preposto un Direttore, scelto a rotazione tra gli alti funzionari della Polizia di Stato, de Ufficiali e Generali dell’Arma de Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza. Tra gli obiettivi strategici perseguiti dalla DIA, particolare rilievo per la sua attualità e quello del contrasto alla forza economico-finanziaria della criminalità organizzata. La D.I.A. gode di autonomia gestionale amministrativo-contabile – si compone di una Struttura centrale e di una Struttura periferica, costituita da 12 Centri Operativi (Torino, Milano, Genova, Padova, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Catania, Palermo e Caltanissetta e 7 sette Sezioni Operative (Trieste, Salerno, Lecce, Agrigento, Messina, Catanzaro e Trapani).
Organizzazioni Principali
Cosa nostra – Sicilia
Camorra – Campania
‘Ndrangheta – Calabria
Sacra Corona Unita – Puglia
Stidda – Sicilia
Organizzazioni Simili
Mala del Brenta – Veneto
Banda della Magliana – Roma
Basilischi – Basilicata (Potenza, Matera, Policoro)